Il Martini di….

 

Ave

Non so se qualcuno, oltre me e Roberto Pignoni, conosce quella che è definita “un’elegante raccolta alcolica” che si chiama MARTINI EDEN, a cura di Carolina Cutolo.Una serie di piccoli racconti, altamente alcolici, appunto, con un unico argomento, tutti godibilissimi.In uno di questi “Martini in casa di una donna sola” di Filippo Bologna leggo (e trascrivo ovviamente): “Il Martini perfetto è come lo yeti, vive tra i ghiacci, ma nessuno l’ha mai visto. Perciò ognuno avrà al sua farmacopea e riterrà sbagliata quella degli altri. Me compreso, che vi consiglio caldamente di diffidare delle ricette degli altri, ritenendo la mia di gran lunga la migliore.” Ditemi se non è semplicemente perfetto: è quello che avrei voluto scrivere io. Ovviamente perché ritengo che il mio Martini, sia IL MARTINI. So di avere un tantino esagerato con la presunzione, ma poco, specialmente pensando a qualche amico, specie uno carissimo, che fa un Martini veramente buono. E’ inutile che dica cosa è il Martini, semmai cosa significa, anche se la cosa si complica anziché semplificarsi. Io personalmente sono arrivato al Martini, tanti anni fa, ma non lo avevo compreso fino in fondo, ne ho bevuti un po’ per il mondo, ma niente da ricordare. Poi ho cominciato i miei tentativi, ed ho fatto un ragionamento, basato innanzitutto sulla qualità, del Gin e del resto, nel senso di Martini Dry, Lillet, angostura (2 gocce), Noilly Pratt eccomi. Non si transige nemmeno sul limone. Per me il Marini deve essere una sorta di fuoco ghiacciato e profumato che dalla bocca scende allo stomaco, attraverso i canali dedicati. Ho due o tre, forse quattro Gin prediletti che tengo in freezer a meno 25. Ne ho appena ordinato uno dallo stesso distillatore ed è in arrivo, fremo. Lo scopo del ghiaccio, nel mixer, è quello di raffreddare, ma nel contempo, tralasciamo il mescolato od agitato, perde acqua e quindi toglie forza al Gin. Bicchiere al freddo, al gelo, si estrae il Lillet o il Martini Dry (danno due risultati diversi) e se ne versa un cucchiaino da caffè nel bicchiere; si ruota bene il bicchiere tenendolo per il gambo, in modo che il liquido si sparga bene sulla parete, si estrae la freezer la bottiglia di Gin e si porta a riempimento il bicchiere. Un inciso, non sono d’accordo con chi dice che in questo modo si perde il profumo del Gin, dipende solo dalla qualità del Gin stesso. Riempito il bicchiere dopo una leggera girata, si avrà cura di tagliare da un limone, un twist di scorza, premerla leggermente sulla superficie del Martini per far uscire gli oli, e, se volete, passarla da una parte del bordo del bicchiere ed abbandonarla facendola cadere dolcemente nel bicchiere stesso. Niente oliva, dentro, semmai solo come accompagnamento.

Ave Martini.

 

Il “martinista” Mascoli Cataldo