Un Vesper a Parigi

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Mi sono sempre chiesto perché la gente vada sulle montagne russe, le torri che ti fanno precipitare al suolo, i roller-coaster e altre pazzie del brivido, sempre alla ricerca di emozioni forti, per poter urlare liberamente, e il tutto per scaricare adrenalina. 
Era questo che mi chiedevo quando guardavo questi giochi assurdi nei giardini delle Tuileries. 
Un improvviso colpo di vento gelido interruppe queste mie divagazioni, indossai subito il mio raincoat acquistato dall’amico Dante De Paz, e prosegui la mia solitaria passeggiata su Rue de Rivoli. 
Era stata una giornata caratterizzata dal classico clima parigino: sole, pioggia, venti caldi dalla Provenza e freddi dalle gelide rive della Normandia. 
Quando uscii dall’hotel Mansart (posto su place Vandomme ma con una entrata più discreta su Rue des Capucines), 
l’hotel parigino di noi Cavalieri, 
fui investito da un vento caldo e dopo trecento metri, 
superata Place Vandomme nuovamente il vento cambiò. 
Arrivato al 228 di rue de Rivolì, un grido insopportabile mi giunse dal vicino parco giochi: era la conferma che su quei trenini a testa in giù, ci si va solo per urlare, 
consuetudine alquanto deplorevole!
L’assistente del Sig. Pietro Sangineto, aveva magnificato giorni addietro, a me, al Rigoroso Roberto Pignoni e al Poderoso Alberto Salvadori, la superba qualità del bar dell’hotel Le Maurice, per questo fui inviato a constatare questa informazione per conto della rubrica 
Reporting for Duty, di AveMartini!
L’ingresso dell’hotel, ovviamente, era magnifico:
 stucchi, tendaggi, lampadari di cristallo e valletti premurosi mi accolsero indirizzandomi verso il bar. 
La coreografia che mi adulò e purtroppo la “fauna” vacanziera presente mi causò immediatamente un rabbioso imbarazzo, avrei voluto fuggire, 
ma la missione non poteva essere interrotta da questi dettagli preliminari, dovevo perseverare. 
Come mia abitudine
 mi sedetti al banco iniziando a scrutare la qualità dei distillati esposti. 
Senza indugi e volendo il meglio, ordinai un Vesper, il bartender premuroso mi chiese quali ingredienti erano di mio gradimento. 
Ma il Nostro giudizio si basa non su quello che desideriamo, ma su cosa, e come il barman ci consiglia. 
Perciò non mi restava che dargli “carta bianca” 
e osservare il suo lavoro: rapidi e scontati movimenti lo portarono ad estrarre dal congelatore i calici ghiacciati, irrorare i cubetti di ghiaccio con il Lillet nello shaker e finalmente presentarmi i due distillati con i quali riteneva di dover miscelare per il mio Vesper. 
Sorpresa: la scelta del gin cadde su di una bottiglia di Bombay affiancata da un vodka a me sconosciuta: il 42Below, un distillato neozelandese prodotto appunto sotto il 42° parallelo! 
Non mi restava che assaggiare questo cocktail per il quale avevo intrapreso il mio viaggio. 
Stupore ma non solo, capii immediatamente che il Vesper era inaspettatamente dolciastro, un gusto ben lontano dal secco, molto secco, che la fantasia di Fleming aveva creato per gli occhi di ghiaccio di James Bond. 
Era un problema del mio palato? 
In questi casi il Rigoroso Roberto Pignoni consiglia sempre di non arrendersi al primo sorso del Martini. 
Così chiesi gentilmente al professionale barman di servirmi limone e acqua frizzante ghiacciata, forse le mie papille gustative, una volta rinfrescate e purificate, avrebbero apprezzato meglio il Vesper preparatomi. 
Nulla da fare, anche il sorso successivo mi arrecò grande disgusto, causatomi dal persistente sapore dolciastro. 
Era colpa del Bombay aromatico? 
Della percentuale eccessiva di Lillett? 
Del distillato neozelandese del quale non conoscevo l’esistenza? 
Optai per quest’ultimo e chiesi proprio un assaggio di vodka liscia che mi fu servita immantinente (con sovrapprezzo) in un piccolo shot. 
Dolore! 
Il gusto dominante era di anice. 
Infatti la mia immediata ricerca sul mio smartphone mi rassicurò: così stava scritto 
 
“La Vodka 42Below è prodotta da grano (no ogm), distillata tre volte e poi diluita con acqua 
provenite da una falda purissima situata pendici di un vulcano estinto a più di 3000 metri.  
Colore: adamantino. Sapore: dolce e persistente, morbido e con una punta di anice, un sapore di frumento tostato, e un finale lungo e persistente con un pizzico di dolcezza”

A questo punto non potevo che arrendermi all’evidenza dei fatti! 
Pagai con carta di credito 
cogliendo un certo disappunto da parte del barman… 
E me ne andai in un vicino bistrot a bermi una sana birra ghiacciata.
 

Parigi, agosto 2014. Sante Speranza per AveMartini.it